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Il gufo è volato via

Andrea Ciaffaroni, Sandro Paté, Carlo Amatetti • gen 22, 2021

Un altro Gufo è volato via!


È una giornata triste, quella di oggi. Roberto Brivio ci ha lasciati a 83 anni, a causa delle conseguenze del Covid-19. Il mondo del cabaret italiano ha perso un vero pilastro, uno di quelli che lo spettacolo del cabaret l’ha inventato, da zero.

Scheletri amati scheletri, Il cimitero è meraviglioso, Bare bare, Cipressi e bitumi. Fa un certo effetto ripensare ad alcuni brani che con calzamaglia e bombetta nera venivano cantati, interpretati e portati in scena dal Brivio. “Sconvolgevano e le mani finivano nelle tasche...”, ammetteva fiero lui stesso. Solo un cabarettista con un’intelligenza sopra le righe poteva costruire un repertorio del genere. Solo un genio provocatore che ha pescato nella tradizione milanese, l’avanspettacolo, la letteratura francese e chissà in che altro poteva ironizzare su un tema così. E costruirci una carriera.

Abbiamo sentito alcuni nomi del cabaret milanese, che ai nostri taccuini lo hanno ricordato con affetto e ammirazione:

“Le sue canzoni macabre erano divertentissime. Davvero una chicca nel panorama delle canzoni umoristiche. Li abbiamo scritturati moltissime volte al Derby. Lo stimavo molto perché era una persona vulcanica, con tantissimi interessi”.
Cochi Ponzoni 

“Lo chiamavo Roberto, senza millantare alcuna una presunta intimità. È stata, infatti, la prima star del mio ambiente che ho conosciuto, nel ‘76. I Gufi al tempo erano l’ABC del cabaret. E da lì non ci siamo mai mollati fino a questi giorni in cui stavamo lavorando insieme a un progetto con Flavio Oreglio e David Riondino: nel nuovo progetto “gufesco” lo chiamavo il più giovane dei quattro. Per me è una perdita davvero grave”.
Alberto Patrucco

“Dopo il nostro spettacolo di Ferragosto, Brivio mi ha scritto un SMS: <<Grazie per ieri sera, sei come al solito splendido, peccato non esserci incontrati prima. Avremmo potuto… avremmo potuto… Ma cosa dico? Possiamo ancora!>> E invece, oggi, davvero non possiamo più. Sono davvero addolorato”.
Enrico Beruschi

Nato a Milano nel 1938, si era diplomato all’Accademia dei Filodrammatici nel 1959 e dopo le prime collaborazioni con la RAI cominciò a registrare favole per bambini per la Ricordi, ma è nel buio di piccoli locali notturni che cerca di guadagnare la propria strada e, malgrado un repertorio a dir poco provocatorio, le prime soddisfazioni. Si esibisce al Capitan Kid e al mitico Derby Club Cabaret quando il locale era ancora gestito dal jazzista Enrico Intra con Gianni Bongiovanni, continuando anche dopo l’arrivo di Enzo Jannacci e della nuova stagione che porterà Bruno Lauzi, Felice Andreasi, Cochi e Renato.
Nel 1964 Brivio conosce Lino Patruno e Nanni Svampa, e i tre, appassionati di canzoni popolari milanesi, scegliendo di esaltare il lato più macabro di alcuni testi popolari, si uniscono per fare un complesso musicale, al quale si aggiunge, dietro consiglio di Brivio, l’attore mimo Gianni Magni. Debuttano in quell’anno, e il successivo si battezzano come “I Gufi”. Incidono il primo disco, “Milano canta”, etichetta Columbia. Si esibiscono al locale Lanternin (diretto concorrente del Nebbia Club, del Cab ‘64 e ancora del Derby Club) e si spostano poi a teatro, soprattutto l’Odeon, con uno spettacolo tutto loro, “Il teatrino dei Gufi”. 
In televisione ci arrivano in grande stile, prima a “Studio Uno” nel 1966, poi “Aria condizionata” nel 1967. Come ha scritto Flavio Oreglio nel libro edito da Sagoma, “L’arte ribelle” (Sagoma, 2020): “Ognuno dei quattro teneva vocalmente la scena in modo impeccabile e la loro abilità mimica e scenica li contraddistinse nel panorama di allora anche nel look. Il loro repertorio era un mix di brani popolari, goliardici e surreali ma anche corrosivi, che avevano come bersaglio la classe politica, il clero e le abitudini della piccola borghesia”.

Nelle stagioni successive portano in tour gli spettacoli scritti con Luigi Lunari “Non so, non ho visto, se c’ero dormivo” (1967-1968) e “Non spingete, scappiamo anche noi” (1969), una pièce musicale pacifista che procurò alla formazione non pochi problemi con la censura. Dopo quell’esperienza il quartetto, a causa della defezione di Gianni Magni, si sciolse, ma ognuno dei quattro porterà per tutta la carriera il marchio di ex-Gufo, tanta fu la novità artistica legata a questa esperienza”. Oreglio aveva ragione, I Gufi stanno al cabaret italiano come i Beatles stanno alla musica.

Dopo i Gufi, Brivio avvia una intensa carriera divisa fra teatro e cabaret. Nel 1970, per esempio, si occupa del locale Il Refettorio, che in pochissimi anni raccolse molti giovani comici e attori. Brivio metterà in piedi vari spettacoli satirici, prima di dedicarsi per un lungo periodo alle opere liriche e al teatro. Se la grandezza di un cabarettista si misurasse nella capacità di non allinearsi, in quella di stupire il pubblico e scegliere deliberatamente di non strappare risate facili, in questo caso il Brivio è da considerare davvero il più grande. Impossibile, ricordare la lunga lista di denunce, gli attacchi e le censure. Proviamo solo con una delle battute mai sentite, risalente al 1981, quando I Gufi, ricostituiti e rilanciati grazie ad Antenna 3, partecipano al Festival di Sanremo da un salone della vicina casa da gioco: “Signori e signori benvenuti dal casinò di San Vittore”. Prima dei governi dei socialisti, di Mani pulite e di tutto il resto. Una ribellione travolgente, una creatività fuori misura - quando uscì per la EMI l’opera omnia in 6 cd, Mario Luzzato Fegiz scrisse di oltre 400 canzoni! - e per fortuna la voglia, ogni tanto, di tornare sul palco per provocare ancora un po’. “Il 21 pollici ha ucciso il cabaret”.

Recentemente, oltre ad aver aperto una Accademia d’arte drammatica, Brivio era uno dei membri attivi dell’Archivio Storico del Cabaret Italiano, fondato da Flavio Oreglio e che vanta membri come Lino Patruno, Cochi Ponzoni, Enrico Intra, Tinin e Velia Mantegazza, Umberto Faini, Alberto Patrucco. Voce tra le più arrabbiate nel “correggere” la storia del cabaret italiano, certamente la più affettuosa nel ricordare una Milano notturna lontanissima e bellissima da ricordare. “Generosa e frizzante. La città apriva le porte a tutti”.

Brivio è stato soprattutto per noi tutti di Sagoma un amico, sempre disponibile alle attività della casa editrice, e che ci mancherà, davvero tanto. Tutta la redazione si stringe alla famiglia in questo tristissimo momento.
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