Addio a The Late Show: il silenzio che pesa sulla satira americana

Carlo Amatetti • 18 luglio 2025

La cancellazione del programma di Stephen Colbert arriva mentre negli Stati Uniti cresce la pressione politica sui media: proprio adesso si spegne una delle voci più graffianti di dissenso e comicità.

Un fulmine sulla 57esima strada – Giovedì 17 luglio la CBS ha annunciato che The Late Show with Stephen Colbert chiuderà i battenti a maggio 2026, ponendo fine a 33 anni di programmazione e a dieci stagioni guidate da Colbert (dopo le 22 di David Letterman). Il network parla di «scelta puramente finanziaria», non legata agli ascolti (il programma è da nove anni il più visto della fascia), ma la decisione ha sorpreso lo stesso conduttore, informato “solo la notte precedente”


Il tempismo che insospettisce – L’annuncio cade tre giorni dopo che Colbert aveva definito «una grossa mazzetta» il versamento di 16 milioni di dollari con cui Paramount Global – casa madre della CBS – ha chiuso una causa intentata dal presidente Donald Trump per un servizio di 60 Minutes. Per la senatrice Elizabeth Warren, che chiede trasparenza, è lecito domandarsi se non ci sia un collegamento politico fra le due vicende


La voce del padrone di casa – In un monologo commosso Colbert ha rassicurato il pubblico («non mi sostituiranno: tutto questo verrà semplicemente cancellato») e ringraziato i 200 membri della troupe: «È un lavoro fantastico; continueremo a divertirci insieme per altri dieci mesi». Lunedì, commentando il patteggiamento con Trump, aveva aggiunto: «Quando si paga il potere, non lo si controlla più» .
Jimmy Kimmel, da sempre compagno di rivalità e amicizia, ha reagito su Instagram: «Ti voglio bene, Stephen. F— you, CBS, e a tutti i vostri Sheldon» – un riferimento sarcastico al franchise di The Big Bang Theory. Sui social sono arrivati messaggi solidali di Ben Stiller, Rachel Zegler e Adam Scott, mentre altri talk-show host – da Seth Meyers a John Oliver – evocano una “purga” dei comici più critici verso la Casa Bianca.


Preoccupazioni bipartisan – Non solo Hollywood. Gruppi per la libertà di stampa e commentatori del Washington Post ritengono che il caso Colbert confermi un trend: fusioni societarie e pressioni governative che riducono lo spazio per voci indipendenti, proprio quando la satira si rivela cruciale per informare un pubblico polarizzato.

Colbert non è l’unico nel mirino. Jon Stewart, tornato nel 2024 alla guida di The Daily Show, teme che la futura fusione Paramount-Skydance possa costargli il posto: «Sono già stato cacciato da locali peggiori. Atterreremo in piedi», ha scherzato nel suo podcast, denunciando però un clima di “fedeltà obbligata” verso Trump.


Perché è il momento peggiore – A meno di un anno dalle elezioni presidenziali 2026, la chiusura del late-night più influente elimina un’arena dove potere e potenti venivano presi di mira in diretta, con milioni di spettatori. In un ecosistema mediatico in cui le newsroom tradizionali affrontano tagli e i social premiano la disinformazione, la satira televisiva resta uno dei pochi spazi di critica popolare. Spegnere The Late Show ora significa abbassare il volume su una forma di “giornalismo emozionale” che, fra battute e applausi, aiuta il pubblico a decifrare il potere. La battaglia non è solo per un programma: è per il diritto di ridere – e dissentire – in prima serata.


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