Addio a Mario Marenco

Andrea Ciaffaroni • 17 marzo 2019

Dopo Gianni Boncompagni, un altro arboriano ci ha lasciato oggi: all’età di 85 anni è morto Mario Marenco : arboriano nel senso di Renzo Arbore e della sua banda di personaggi comici stralunati che fece la scuola della radio assieme a Giorgio Bracardi, a cominciare da “ Alto gradimento ”, storico programma che per un decennio, dal 1970 al 1980 (tranne per un paio di anni di stop), ha intrattenuto gli spettatori con l’umorismo demenziale e apparente mancanza di filo logico.


Arbore lo ha così ricordato oggi: “ [Era un] Genio assoluto: mai conosciuto un umorista più dotato, meglio di quelli del passato e del presente. Io e Boncompagni lo abbiamo sempre considerato il numero uno. Mario aveva una caratteristica: la modestia terribile che lo caratterizzava ”.



Gli inizi


Ma prima di essere scoperto da Arbore nel ’70, Marenco, foggiano di nascita, aveva avuto un curriculum notevole e fuori dal mondo dello spettacolo: vissuto a Bari fino alla maturità e a Roma dagli anni 60, con una parentesi milanese nella fase in cui era un architetto e un design di grido, Marenco ricordava i tempi migliori, quelli di Alto gradimento , senza troppa enfasi: “ Incontrai Boncompagni per strada a Stoccolma, ero con un amico napoletano che lo conosceva e me lo presentò ”. Era il periodo in cui Marenco, dopo la laurea in Architettura a Napoli , girava il mondo per master e specializzazioni: Helsinki, Colonia, Stoccolma, Chicago (nella scuola razionalista di Mies van der Rohe), New York, Sydney.

Il debutto televisivo e il successo

Debuttò in televisione nel programma “Il buono e il cattivo” (1972), a fianco di Cochi e Renato quando era già stato catturato da Arbore & Boncompagni per la radio: sarà il colonnello Buttiglione («Io mi piego ma non mi spezzo, mi spiego»?), il comandante Raimundo Navarro , astro nauta involontario della navicella Paloma secundo di menticato in orbita da «ocho años» («Puerca vaca, cornudones, maldidos, ricchiones…»), il poeta triste che parodiava, forse senza saperlo, Sanguineti e la neoavanguardia. E poi: il chirurgo Anemo Carlone , attento soprattutto all’onorario; Aristogitone , il professore pugliese di un liceo scientifico («Quarant’anni di duro lavoro in mezzo a queste quattro mura scolastiche»!) e Verzo il suo allievo romano che in clima di contestazione urlava «no» a tutto, compreso «er nozzzionismo sfrenato ne’ e scole de l’Angola». E il playboy da quattro soldi Vinicio , il cleptomane napoletano Pasquale Zambuto, il maestro Torvajanica esperto di canti etnici e la Sgarambona detta Sgaramba o Sgara, zitella dalla voce sexy e cavernosa.

Il segreto del successo

Una serie di divertenti “voci” inventate da un genio visionario e fantastico. “ Nasceva tutto improvvisato a furia di chiacchiere, strilli e divertimento. Si andava a orecchio e a braccio e le cose nascevano così, vattelappesca… ”. Certo, a sentire le interviste più recenti di Arbore e del compianto Boncompagni, sembra che abbiano fatto tutto loro, ma in verità gli autori erano quattro, perché il contributo di Bracardi e Marenco fu fondamentale. Dopo la radio, divenne un volto fisso nei programmi cult come “ L’altra domenica ” (1976-79), “Sotto le stelle” (1981-82), “Indietro tutta” (1987-88).

Marenco al cinema

Al cinema funzionò poco, nonostante era nel cast del film “ Il pap’occhio ” (1980) e in un paio di film del “Colonnello Buttiglione” e di alcuni “stracult” come “I carabbinieri” (1981), dove era l’uomo dello scandalo del Metano, “Vigili e vigilesse” (1982). Ma Marenco era consapevole di non avere una formazione d’attore, e rifiutò di lavorare con Federico Fellini nel film “La città delle donne” nel 1979. Tentò, tuttavia, nel 1993 con Andy Luotto a portare sul palcoscenico una versione de “La strana coppia” di Neil Simon, ma senza grande successo. Così non ebbe il successo sperato la riproposta di “Alto gradimento” nel 1998. Da spettatore, l’ultima volta che vidi Marenco fu a fianco di Nino Frassica nel 2004, maresciallo dei carabinieri, in un paio di puntate di “Don Matteo”: Marenco era un quasi silenzioso colonnello dell’arma.

Intervistato dal Corriere della sera nel 2010, rimasto solo, senza molto lavoro, ricordava con malinconia quando “ Ai tempi, andavamo girellando come pazzi con Boncompagni oppure buttavamo oggetti sulle macchine con Bracardi. Già da piccolo ero un ragazzino impertinente che faceva un po’ lo scemo per le strade di Bari e a Roma ho cominciato a essere più molesto, facevo dei gran versacci nelle orecchie delle ragazze che passavano, una specie di grugnito terribile che le lascia va disorientate. Non ho smesso, lo faccio ancora adesso, se capita. Il mio amico pittore mi dice che qualche volta mi prendo una bastonata in testa ”.

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Jimmy Kimmel , la voce corrosiva della late night americana, è stato sospeso indefinitamente dal suo show Jimmy Kimmel Live! da ABC . La causa? Una frase pronunciata in monologo in cui ha suggerito (!) che il movimento MAGA stia cercando di capitalizzare politicamente sulla morte di Charlie Kirk, l'attivista conservatore ucciso nei giorni scorsi. La sospensione arriva dopo che gruppi di stazioni affiliate ad ABC, guidati da Nexstar, hanno definito le sue parole “offensive e insensibili” e ne hanno chiesto la messa in onda bloccata. L’incidente è stato accompagnato da minacce regolamentari da parte di Brendan Carr, presidente dell'FCC (la commissione federale delle comunicazioni), che ha fatto capire che le licenze delle stazioni potrebbero essere a rischio se non si conformano a certi standard (o pressione politica percepita). Un tempo erano standard che almeno sulla carta erano stati pensati per garantire la più alta qualità dei programmi televisivi, oggi servono solo per accontentare l'Esecutivo a stelle e strisce. Non a caso, Trump ha festeggiato la decisione, definendola una “ottima notizia per l’America” su TruthSocial. Intanto, l’eco è forte: molti vedono questa sospensione non come un incidente isolato, ma come un nuovo fronte aperto nell’attacco alla libertà di satira. “Nixon fu un dilettante”: il salto qualitativo nel clima politico Quando Richard Nixon cadde nel 1974, lo fece per comportamenti che oggi, messi a confronto con quelli di Trump, sembrano quasi piccoli inciampi. Watergate fu un complotto reale, tentativo di insabbiamento, uso indebito dei poteri investigativi federali, ostruzione del Congresso, rifiuto di cooperare con richieste legittime di documenti. Un solo grande scandalo, con prove materiali e registrazioni audio, sufficienti per spingere il presidente verso le dimissioni. Con Trump, la quantità e la varietà delle controversie sono assai più ampie: tentativi di ribaltamento elettorale, gestione negligente (o peggio) di documenti top secret, scontri giudiziari su vari fronti, insulti e provocazioni continue. E adesso, questo: silenziare i comici scomodi. Non è più solo insabbiamento o bugie, è prevenire la satira stessa , far capire che chi fa ridere troppo... "forte" può essere punito. Chiudere le bocche: la satira come minaccia Con la precedente cancellazione del programma di Stephen Colbert, e ora di quello di Kimmel, emerge un disegno che va oltre il mero disaccordo politico: è un invito implicito al terrore. “Fai battute, ma attento, la prossima volta potresti non avere più il palco”. Trump — come Berlusconi prima in Italia — pare aver individuato nei comici non solo critici ma potenziali pericoli da neutralizzare. La preoccupazione è che negli USA - un tempo il regno della libertà di espressione e di satira - si vada verso una desertificazione come quella registratasi in Italia dopo l'editto bulgaro di Silvio Berluscon. Da quel momento il mainstream si fece più prudente, i comici adottarono direttamente l'autocensura e oggi la satira in TV è virtualmente scomparsa. Qui, oggi, assistiamo a qualcosa di simile: un attacco sistematico ai grandi talk show satirici, uno dopo l’altro, che manda un messaggio chiaro: “vedete di non rompere troppo”. Stephen Colbert era già stato messo sotto pressione: il suo programma è stato infine chiuso dopo le sue continue critiche a Trump. Non un errore isolato, ma un destino annunciato per chi esagera nella satira politica. Con Jimmy Kimmel , il caso è forse ancora più emblematico: gli si contesta la reazione alacre a un fatto tragico (l’assassinio di Kirk), ma il punto vero è che si è rotto un tabù: negli USA si è totalmente sdoganata la possibilità di zittire una voce satirica perché scomoda. Berlusconi lavorava sornione sotto traccia, Trump rivendica le sue epurazioni . Non è una differenza di poco conto. Donald Trump è il tipo che pippa in mezzo al soggiorno durante una festa; tutti hanno la decenza di farlo in bagno ma lui no. Sarah Silverman
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